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AREE TEMATICHE --> LA GIURISPRUDENZA E LA SCIENZA

Un particolare interesse, nell’ampio spettro dei problemi suscitati da scienza e diritto, riveste il ruolo svolto dai giudici nel mediare le relazioni tra scienza e società, nel contesto di civil law e common law (1). Questo tema ha ricevuto negli ultimi anni una grande attenzione, con una vasta produzione di letteratura scientifica.

Anche se talora troppo rispettosi degli asserti della ‘scienza ufficiale’ (mainstream science), i giudici hanno perlopiù mostrato di saper decostruire le tesi degli scienziati, svelando le premesse in esse implicite, analizzando gli interessi contrapposti, soppesando le assunzioni che stanno dietro ai dati e alle teorie. Il prevalere dell’epistemologia dei giudici sulle opinioni degli scienziati ha trovato un preciso consolidamento, nel 1993, con il caso Daubert v. Merrell Dow Pharmaceuticals, Inc. (2). In tale decisione la Corte Suprema degli Stati Uniti ha modificato lo standard fino ad allora vigente sui criteri di validazione della scienza: si tratta della cosiddetta regola Frye -così chiamata in seguito al caso Frye v. United States (3), deciso nel 1923.
In base a tale regola, al fine di stabilire quale fosse la scienza valida nelle situazioni scientificamente controverse, i giudici dovevano attenersi alle conoscenze ‘generalmente accettate’ dalla comunità scientifica (“sufficiently established to have gained general acceptance in the particular field in which it belongs”) (4).

Con il caso Daubert, la Corte ha demolito l’ormai radicato precedente giudiziario e ha introdotto il principio secondo cui l’accettazione generale, come pure il peer review (la procedura di revisione critica con cui gli appartenenti a una medesima disciplina vagliano la scientificità di nuovi lavori), rappresentano solo una parte degli elementi che i giudici hanno a disposizione per determinare che cosa sia, in un particolare caso, la scienza valida. La nuova regola consente ai giudici di ammettere la testimonianza di esperti che, pur non godendo del riconoscimento della comunità scientifica ufficiale, dimostrino di sapersi avvalere di conoscenze e metodi scientifici (sostengano, cioè, ipotesi falsificabili e suscettibili di essere testate).

Se, dal punto di vista della filosofia della scienza, la decisione propone un singolare eclettismo tra Popper, general acceptance e costruttivismo, dal punto di vista della politica dellascienza e del diritto, la strategia consente di salvare l’idea di validità della scienza, affermando al tempo stesso il primato del diritto. I giudici si affidano alle opinioni degli scienziati, ma si riservano il potere di decidere a chi riconoscere la qualifica di scienziato, e di stabilire liberamente la validità della scienza prodotta in giudizio.

Al di là dei diversi giudizi che questa evoluzione giurisprudenziale può ispirare, l’uso che i giudici hanno fatto della scienza e l’analisi teorica che ne può derivare sono un tema suggestivo, in un momento che vede sia l’avvicinamento tra i sistemi giuridici di civil e common law sia il formarsi di un’effettiva identità europea.


1 Cfr. S. JASANOFF, La scienza davanti ai giudici, cit. K.R. FOSTER, P.W. HUBER, Judging Science. Scientific Knowledge and the Federal Courts, M.I.T. Press, Cambridge MA 1997; M. FREEMAN, H REECE (eds.), Science in Court, Dartmouth, Aldershot 1998.
2 Daubert v. Merrell Dow Pharmaceuticals Inc., 509 U.S. 579 (1993). Il caso verteva sul carattere teratogeno di un farmaco antinausea (Bendectin) da assumersi in gravidanza.
3 Frye v. United States (Court of Appeals of District of Columbia 54 App. D.C. 46; 293 F. 1013; 1923 U.S.).
4 Ibidem.

 


2004 © Facoltà di Giurisprudenza di Catania