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Un significativo richiamo alla dignità — a proposito dell’atteggiamento dei giuspubblicisti improntato all’impassibilità fondata sulla ferma convinzione che il diritto sia «forma e che le sue proposizioni, le regole che presiedono alle relazioni tra le sue parti, non possano venire influenzate in nulla dalla materia trattata» — è anche nelle parole di Arturo Carlo Jemolo. A Messina, nel 1947, riferendosi anche agli anni della dittatura, dirà: «Ma altre volte e forse più spesso, l’impassibilità fu una difesa. Non fu la posizione più eroica, ma fu ancora una posizione di resistenza. Contro l’ondata di fanatismo e la pressione dall’alto — e non di rado l’una e l’altra coincidevano, e non vorrei che una storia accomodante dimenticasse il fanatismo delle masse che pure c’era — non era la posizione eroica, ma era ancora una posizione dignitosa quella di chi si chiudeva nella torre d’avorio della costruzione scientifica, della pura tecnica» (Arturo Carlo Jemolo, Confessioni di un giurista. Conferenza tenuta a Messina il 26 febbraio 1947 (Milano Giuffré 1947) pp. 14-15).